Vi è mai capitato di ritrovarvi in ascensore con un perfetto sconosciuto o con il più antipatico dei vicini di casa? Quei pochi minuti sembrano infiniti. Cosa dire o fare quando le porte si chiudono? Sentite il bisogno di dover assolutamente dire qualcosa, oppure siete tra quelli che restano in silenzio?
Quel momento di silenzioso imbarazzo è definito disagio da ascensore. Un lasso di tempo, che può durare da uno a dieci piani, dove ci si ritrova con persone estranee, conoscenti o vicini di casa, in un ambiente stretto e a poca distanza fisica.
L'ascensore si trasforma in uno spazio sociale davvero interessante, in cui le regole di comportamento sono un po' strane. Secondo uno studio dell’Università Americana di Georgetown, uomini e donne hanno modi diversi di affrontare l’imbarazzo da ascensore. Gli uomini usano molte parole, per lo più su argomenti generici, come le regole condominiali, la politica, il calcio e incitano sempre alla discussione. Le donne parlano meno ma fanno discorsi più intimi: salute, pensieri, famiglia (se conoscono la persona) e tendono a parlare di sé più che coinvolgere l’altra persona nella discussione. Se in ascensore ci sono contemporaneamente uomini e donne la conversazione stenta a partire, l’imbarazzo tra sessi opposti in un ambiente così stretto arriva alle stelle!
Interessante è l’aspetto del linguaggio del corpo: quando entra qualcuno in ascensore le posizioni che si assumono sono assolutamente meccaniche, prestabilite e studiate a tavolino. Si evita il contatto visivo per sottrarsi dall'imbarazzo. Al contrario, se si sta soli in ascensore, si assume una posizione comoda e disinibita. Quando si è in due scatta una sorta di accordo non detto e in automatico ci si dispone agli angoli opposti dell'ascensore. Quando le persone sono tre si forma un triangolo, se quattro si occupano tutti gli angoli disponibili. L'obiettivo inconscio diventa quello di massimizzare la distanza tra i passeggeri, proprio come si fa in un tram affollato. Ma perché si crea questa sorta di imbarazzo? Perché lo spazio ristretto stimola stress, ansia e senso d'impotenza, come dichiarano gli esperti: si è in una macchina che si muove, sulla quale non si ha alcun controllo.
Esiste una vera e propria gamma di discorsi inutili che si fanno in quei lunghissimi secondi d’attesa prima dell’arrivo al piano. Il più famoso dei bon-ton in ascensore spinge tutti a parlare del tempo: "fa un caldo pazzesco oggi" o "non esistono più le mezze stagioni". Ma capita di guardarsi allo specchio mostrando interesse per un bozzo invisibile sul viso oppure di stare con la testa bassa sullo smartphone fingendosi indaffarati. I più coraggiosi fanno presente eventuali cattivi odori presenti in cabina o nell'androne del palazzo. Poi c’è chi preferisce buttarsi sul vago “eh sono tempi difficili questi!”, “guardi non lo dica a me, la verità è che ognuno sa le sue cose”.
L’anatomia di una conversazione da ascensore è composta da tre parti. L’incontro, l’argomento centrale e il saluto finale: “sale?” o “scende?”, “posso rubarle un passaggio?”. Il saluto finale è la parte più sincera dell’incontro: perché il sorriso di commiato viene dal cuore, finalmente finisce il disagio.
Voi che discorsi intraprendete in ascensore? Preferite restare in silenzio? Raccontatelo a noi di Neulift Molise, siamo davvero curiosi di conoscere di cosa parlano le persone all'interno dei nostri impianti.